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Generi & disastri: 7 pizzichi di riflessione personale

Aggiornamento: 19 feb 2021

Raccontare l'esistenza delle donne nella storia della musica elettronica porta con sé una serie di conseguenze abbastanza frustranti...




1. I luoghi dell'accoglienza


Uno scritto come il mio Breve Storia della Musica Elettronica e delle sue Protagoniste è di rado accolto dai circoli accademici. Il più delle volte, il mio libro ha generato interesse in contesti LGBTQ2+ o in altre situazioni dedite alla liberazione della condizione femminile. Per quanto assolutamente meritevoli, sono importanti contesti che si occupano di diritti e non prettamente di musicologia o di storia delle arti.


Ecco il primo pasticcio.





2. La maledizione dell'8 marzo


L'8 marzo diviene una giornata bollente per le attività di booking.

Gli altri giorni del calendario non esistono.




3. I fatti vostri


Non parliamo poi dell'interesse verso i gusti sessuali dell'autrice/autore di un libro come il mio; inevitabilmente si è costretti a subire pettegolezzi e le distorsioni più svariate solo perché si è scritto di donne e tecnologia.


Si ritiene facilmente che una persona abbia per forza un orientamento sessuale diverso da quello etero solo perché si è interessata all'argomento.

Sono ormai abituata al pregiudizio; mi spiace solo che non si dica la verità: ebbene, io mi accoppio con le cernie. E solo con una particolare specie protetta che cresce nel Mar dei Sargassi.





4. Giornalisti fantasiosi


Le buone anime che si occupano dello scritto a livello mediatico attraverso articoli e recensioni aprono poi il corteo dei termini infelici: musica in rosa, elettronica al femminile, signore dell'elettronica, persino la "nonna della computer music"... Non credo che sia mai stato riservato alle produzioni di John Cage l'appellativo di musica in azzurro.




5. Operazione impossibile: l'elisione del fattore meraviglia


Proseguendo sulla spumosa scia del povero sesso debole, oppresso, bistrattato e dimenticato, le persone mostrano interesse, ma in qualche modo lo mostrano dal versante sbagliato. Far comprendere il concetto che segue è davvero complicato, più complicato di far accettare il ruolo di tutto il genere umano come attore delle sue storie.


Ma perché non si inizia mai a prendere come un fatto normale la presenza delle donne sulle linee temporali, lontano dall'essere straordinario?


Vorrei che ci dimenticassimo della fantomatica eccezionalità, che smettessimo di costruire ghetti, di alimentare il senso di meraviglia. 


6. Ossessioni linguistiche, pesi e bilance


È vero. Nel mio ultimo libro ho dovuto aggiungere "...e delle sue protagoniste".


È vero, nel mio ultimo libro, la bilancia delle presenze pende di più verso il numero delle donne. Ma il contributo di donne e uomini viaggia sullo stesso livello nella costruzione della musica contemporanea (infatti, nel mio libro ci troverai Messiaen, Xenakis, Le Caine, Cage, Neuhaus e chi ne ha più ne metta) e spero che questo messaggio ti arrivi in maniera deflagrante.





7. Risvegli


In passato è successo quel che è successo.

E oggi le cose non vanno tanto meglio.


Però se ci impegnassimo tutti ad avere un po' di curiosità, a non fermarci a Duchamp ma magari a guardare oltre, verso Xenia Cage – ad esempio, moglie di John (sì, John ha avuto anche una moglie) ma soprattutto parte attiva del movimento Surrealista... E se magari iniziassimo a considerare un movimento artistico per quel che è stato nella sua interezza... Magari tra qualche generazione potremmo avere per davvero una storia reale, raccontata così, per come si è svolta. Perché non è vero che le donne furono escluse dall'arte. Gli storici le hanno escluse.


Questo è il fatto su cui riflettere.


Quando noi leggiamo, ci documentiamo, siamo a nostra volta gli storiografi e gli storici della nostra cultura personale, siamo i nostri archivisti e paleografi, i nostri stessi saggisti. Siamo noi i responsabili della propagazione di un certo tipo di omissioni. Smettiamola di essere pigri!

Capisco che lo sguardo al passato porti ad atteggiamenti inevitabili: guardando le pubblicità degli anni '50 e '60 è tutto un brulicare di signore che lavano piatti, stirano camicie, rassettano casa e sono contente se il marito regala loro la nuova macchina da cucire. È inevitabile essere sconvolti, pensare "Oh mamma mia, poverette". Però il ghetto e l'isolamento di una o più figure da un più ampio panorama, per farne risaltare la specialità, non sono davvero la via giusta...




 

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