La leggendaria storia delle campane e il loro funzionamento sono fatti intriganti. Quattro lampi per iniziare a conoscere il suono che più scandisce le nostre giornate
I rintocchi delle campane di Venezia mi hanno fatto compagnia per quasi vent'anni: mi hanno spesso ricordato di essere in ritardo, hanno fatto incalcolabili irruzioni nel mio sonno domenicale e corrotto in modo dispettoso e irreversibile alcune memorabili registrazioni. Non so perché, ma da abitante di Venezia non ho mai trovato preziosa quella nuvola di suono e di rado mi sono soffermata ad ascoltarla con godimento.
Ricordo bene invece il giorno in cui ho ascoltato con piena consapevolezza e stupore un concerto di campane: mi trovavo a Catania, rapita dal trionfo mistico del prolungato e cangiante scampanio della cattedrale di Sant'Agata (santa patrona dei fonditori di campane), la cui campana maggiore - realizzata nel 1619 - è tra le più grandi d'Italia (1,8 metri di diametro).
Un veneziano eccezionale che trasse ristoro e ispirazione dal suono delle campane della sua città fu invece Luigi Nono; come afferma Nuria Schoenberg in un'intervista del 2016:
Le campane di Venezia possono essere percepite ovunque nella musica di Luigi Nono, specialmente in A Carlo Scarpa dove sono particolarmente importanti o in ...Sofferte onde serene...
[Nuria Schoenberg, intervista pubblicata da Ricordi, 4 novembre 2016]
Leggenda vuole che ogni giorno al termine del suo lavoro in studio, verso le sei di sera, il compositore uscisse in strada per apprezzare la sua "città polifonica" e ascoltare le voci dei diversi campanili.
Autore di uno dei testi che maggiormente influenzarono la poetica e le teorie sul silenzio di John Cage, Henry David Thoreau nel suo Walden si sofferma in più di un passaggio sul suono della campana; qui uno dei miei passi preferiti:
Di domenica, se il vento era favorevole, udivo talvolta le campane di Lincoln, Acton, Bedford e Concord una melodia lieve, dolce e per dir così, naturale, degna d’essere lasciata penetrare nella solitudine boschiva. Quando vibra al di sopra dei boschi, a sufficiente distanza, questo suono acquista un certo ronzio vibratorio, come se gli aghi dei pini, all’orizzonte, fossero le corde pizzicate di un’arpa. Ogni suono udito alla maggior distanza possibile produce un unico e identico effetto, fa vibrare la lira dell’universo, esattamente come l’atmosfera che è frapposta rende più interessante ai nostri occhi una cresta di monti lontani, il colore azzurro che le imparte. In questo caso io venivo raggiunto da una melodia filtrata attraverso l’aria e che aveva conversato con ogni foglia e ogni ago del bosco; quella parte del suono che gli elementi avevano raccolto, modulato e ripetuto di valle in valle. Fino a un certo punto, l’eco è un suono originale, e in ciò risiedono il suo fascino e la sua magia. Non è solo una ripetizione di ciò che valeva la pena fosse ripetuto nella campana, ma, in parte, è la voce stessa del bosco, le identiche e comuni parole e note cantate da una ninfa di quei luoghi.
Quando una campana risuona e l'ascoltiamo con attenzione, scopriamo che il suo suono è costituito da più di un tono: quanto percepiamo si forma nel nostro sistema uditivo. La percussione, in qualunque zona della campana sia eseguita, genera sempre una breve sovrapposizione di tutti i toni e causa nel vaso sonoro una serie di vibrazioni prolungate nel tempo, progressivamente decrescenti fino al ritorno dello stato di quiete.
Lo spettro sonoro della campana è molto complesso poiché la particolare forma del vaso genera un insieme di modi di vibrare diversi, detti "toni parziali", che originano contemporaneamente diverse note. La nota della campana è dunque in realtà una percezione psicoacustica dovuta alla somma di tutti i parziali sviluppati dalla campana; questa, viene chiamata "Nota Nominale" e con questa si identifica il "nome musicale" della campana. Se ti interessa l'acustica della campana e l'analisi tonale ecco qui una spiegazione tecnica molto approfondita.
La campana, o Vox Dei, era intesa come la voce di dio che comunica con il suo popolo; per quanto la Bibbia ne attribuisca l'invenzione a Jubal – il creatore di tutti gli strumenti musicali – si ritiene che i più antichi esemplari (1150-250 a.C.) siano stati prodotti in Cina e India.
Guardando indietro nel tempo, il termine campana viene ritrovato nella sua etimologia in un verso di Walafrido Strabone del IX secolo:
I grandi vasi che costituiscono le campane sono chiamati "campane" derivando il nome dalla Campania che è una provincia d'Italia.
I primi studi sulle leggi acustiche che governano il suono delle campane risalgono al X secolo (Teofilo, monaco benedettino autore del Diversarum Artium Schedula) ma fu solo nel XVI secolo che iniziò a germogliare l'idea di suonare assieme campane intonate a differenti note e fu solo nel XIX secolo che si poterono intonare perfettamente tra loro gruppi di campane secondo le regole musicali.
Oggi come un tempo, ogni fonderia possiede le proprie "Scale campanarie", una serie di tabelle e grafici che permettono di ricavare tutti i dati geometrici necessari per la realizzazione del disegno del profilo di una campana da fondere: gli spessori, il peso, le dimensioni, sono gli elementi necessari per tracciarne il disegno.
Una volta stabiliti la nota, le dimensioni, il timbro e il sistema di suono è possibile creare un modello di sagoma per la colata dell'interno e dell'esterno della campana.
A ogni campana prodotta corrisponde un semitono differente e quindi una sagoma specifica, che a sua volta si suddivide in 7 casi diversi a seconda della tipologia di sagoma. L’accordatura è formulata come un cambio di profilo della campana dopo la colata sotto forma di assottigliamenti locali delle pareti; poiché alle campane sono solitamente aggiunte decorazioni e scritte, l’unica superficie liscia su cui si può intervenire è all’interno. Occorre poi attendere alcuni mesi di suono (dai 3 ai 6 mesi per le campane medio/piccole; dai 24 ai 36 mesi per campane grandi) affinché il suono maturi e la campana si assesti nella sua condizione di equilibrio finale.
Prima di lasciarti all'ascolto dei suoni delle campane della tua città , ecco una curiosità da "Settimana Enigmistica" che potrai sfoggiare con i tuoi interlocutori nei momenti di noia: la campana più grande del mondo è la campana dello Zar, fusa nel 1737 e oggi in mostra al Cremlino. Pesa 216 tonnellate e ha un diametro di 6,6 metri.
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Per saperne di più
• Il sito di dell'associazione italiana di campanologia offre un articolo a cura di Matteo Padovani sull'acustica della campana e la sua analisi tonale
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